Lei è una giovane donna, alta e sicura nei modi, bella dei suoi anni e con uno sguardo fermo che non ti molla quando parla.
Lei è anche una bambina spaventata che si lascia intravedere nelle lacrime che affiorano tanto spesso ad accompagnare le sue parole.
Quando una persona custodisce in sé aspetti tanto distanti e dissonanti si può star certi che sa portare alla luce pensieri ed esperienze preziose per tutti.
E lei mi parla della sua infanzia partendo da quel primo orsacchiotto di peluche che l’ha accompagnata nei suoi momenti di solitudine o paura e poi all’asilo. Le bambole, invece, non le ha mai volute. Non ha mai sentito interesse ai giochi da bimba che le sue coetanee tanto amavano con bambole di ogni genere e tipo. Ancora oggi, magari ridendoci un po’ su, conserva un paio dei vecchi ed amati peluches nella sua camera: non si sa mai…
Questi ricordi infantili mi hanno fatto pensare alla profonda differenza che separa una “bambola” da un “peluche”.
Le bambole attivano (nelle bambine per lo più) dei giochi di ruolo: ci si può sperimentare nel ruolo della mamma che si prende cura del suo bebè; oppure ci si identifica in una bambola coma la Barbie e si pettina e si trucca la propria immagine futura di donna; si può anche attivare un gioco più complesso in cui ci sono ruoli maschili e femminili e allora si gioca a fare “mamma e papà”. In ogni caso le bambole sono lì a rafforzare il modello classico del Femminile centrato sulla cura e l’accudimento dei bisogni altrui.
I peluches, intanto, sono ambosessi. Questi compagni dei più piccoli assolvono ad un ruolo molto più basilare e primordiale: essi rassicurano con la loro presenza morbida e tattile. Basta stringerli al petto per addormentarsi senza paura. Talvolta gli si confidano anche i segreti più cari e così si trova il coraggio di affrontare la vita quando fa paura o mette tristezza. Sono il primo passo per prendersi cura delle proprie paure anche quando la mamma non c'è...
Gli psicologi lo chiamano “comportamento di attaccamento” e lo considerano ancora più fondamentale del bisogno di nutrimento e quindi della dipendenza dalla madre nutrice: è un istinto fondamentale che ci spinge a cercare la vicinanza di una presenza sentita sicura nei momenti difficili. Quanto più l’attaccamento sarà sentito sicuro tanto più troveremo il coraggio di partire ad esplorare il Mondo da soli.
Il passaggio cruciale, che per tutti è la grande sfida, consiste in quel momento della vita in cui sentiamo possibile far affidamento su noi stessi, attingendo a quanto di buono abbiamo sperimentato, al nostro coraggio e al nostra spinta ad esplorare. Rinunciare alla sicurezza della "mamma", a qualunque età, è l'atto sommo del coraggio di vivere e la radice di ogni libertà autentica.
Oggigiorno siamo tutti quanti obbligati ad affrontare una realtà incerta che fa paura. Sempre meno troveremo risposte rassicuranti ai nostri bisogni: ci toccherà trovare un po’ di conforto negli attaccamenti sicuri che avremo saputo mantenere nelle nostre vite e poi attingere a quel coraggio che da piccoli abbiamo sperimentato quando, abbracciati al nostro peluche preferito, ci siamo sentiti dire: “Vai, che sei grande ormai…”